Quinto produttore mondiale, l’Argentina conobbe il vino
grazie ai preti dei colonizzatori spagnoli, nel XVI secolo, che piantarono i
primi vitigni da cui ricavarne il vino necessario per celebrare la messa. La
vera tradizione e produzione nacque circa duecento anni fa quando arrivarono
immigrati francesi e italiani che portarono nuove tecniche di coltivazione e
nuovi tipi di uva soprattutto francesi, anche se una delle primissime uve
utilizzate era l’italiana Bonarda. Il mercato ebbe uno sviluppo particolare nel
1885 con la costruzione della ferrovia che creò una logistica rapida e
impeccabile per trasportare il vino negli oltre mille chilometri che separavano
Mendoza, l’area di maggiore produzione del paese, con Buenos Aires. I vitigni
di maggiore successo e qualità utilizzavano uve Malbec, Cabernet, Pinot, Merlot
e Chardonnay. Le condizioni terrene e
climatiche nelle vicinanze delle Ande sono ideali con lunghe ore di sole che
non a caso creano vini di alta gradazione alcolica e di qualità.
Approfittando dell’ennesima splendida giornata di sole
primaverile mi dirigo verso la campagna del Maipu, a solo una quindicina di
chilometri da Mendoza, in una delle più antiche e migliori regioni produttrici
di vino. Su suggerimento del gestore
dell’ostello prendo un pullman che mi trasporta nella cittadina di Coquimbito
dove affitto una bici con cui percorrere il tragitto che unisce le innumerevoli
cantine della regione. Percorro il primo tratto abbastanza trafficato per poi
deviare in una suggestiva stradina che si sviluppa tra verdi vitigni che mi
regalano una piacevole sensazione familiare ricordandomi il mio amato Piemonte,
anche se non è minimamente comparabile con la straordinaria bellezza delle
Langhe. Alcuni chilometri e raggiungo la principale cantina nelle vicinanze, la
Trapiche. Mi rendo conto che mi ha seguito un austriaco sulla quarantina d’anni
che ha affittato la bici nel mio stesso posto, sembra simpatico e si aggrega a
me. Iniziamo un giro illustrativo delle tecniche di coltivazione e di
fermentazione. Prima di entrare nelle cantine osserviamo delle vecchie rotaie
ferroviarie che univano direttamente la
cantina con la linea diretta alla capitale a dimostrare la perfetta logistica
di cui godevano un centinaio di anni fa. Infine ecco il momento migliore, una
degustazione di un Sauvignon Blanc, di un Malbec 70% e Cabernet Franc 30% per
finire con un Carbernet Sauvignon 90% Malbec 7% e Merlot 3%. Tutti di
gradazioni alcoliche tra i 14 e 15 gradi, eleggiamo il secondo come il migliore
e naturalmente da bravo italiano chiedo un secondo giro.
Si torna in sella ma si è fatta l’ora di pranzo e
raggiungiamo un rustico bar immerso nei campi che serve una buona birra
artigianale e delle empanada (fagottini di pasta ripieni di carne o verdure).
Un pranzo veloce per dirigermi nuovamente verso altre cantine pedalando tra
altre favolose distese di vitigni e respirando aria sana di campagna - a parte
la visita in una cantina cilena è la prima volta che mi trovo in un paesaggio
simile alla campagna della regione in cui sono cresciuto. Dopo alcuni
chilometri ecco finalmente una serie di cantine una a fianco all’altra che ci
permettono varie rapide degustazioni in poco tempo con assaggi di Malbec,
Cabernet Sauvignon, Merlot e Shyraz. I dialoghi tra me e l’austriaco diventano
sempre più frizzanti e deliranti a evidenziare il nostro alto tasso alcolico.
Lui ha fatto un corso da sommelier e
continua a ripetermi quanto ama l’Italia sostenendo che il Piemonte è la
regione più completa e varia tra vino e cibo. Quasi mi trasmette un po’ di
nostalgia ma non posso che dargli ragione sul fatto che il nostro paese sia
straordinario per infiniti motivi.
Ormai si sono quasi fatte le sette di sera e sono più di
otto ore che beviamo, le cantine sono tutte chiuse così iniziamo una pericolosa
gara di ritorno su un percorso di una decina di chilometri tra auto, pullman e
lavori in corso. Tra gli occhi stupiti dei passanti sembravano due pazzi, ma
almeno sono riuscito a portare a casa una vittoria alcolica e ciclistica oltre
a nuovi odori e profumi. In alto i calici ragazzi perché il vino è la medicina
dell’anima.
Now the fifth producer in the world, Argentina
was introduced to wine by the priests of the Spanish colonists, who first
planted vines in the 16th century to grow the wine they needed to
celebrate Mass. The real tradition and production of wine here began around 200 years ago, with
French and Italian immigrants who brought with them new cultivation techniques
and new types of grape – above all French, although one of the earliest grapes
used was the Italian Bonarda. The market was boosted in 1885 with the
construction of the railways, which provided a rapid and reliable way to
transport the wine the thousand-odd kilometres from Mendoza, the major area of
production, to Buenos Aires. The most successful and highest quality vines used
grapes of Malbec, Cabernet, Pinot, Merlot and Chardonnay. The terrain and
weather near the Andes are ideal, and it is no coincidence that the result is
high-alcohol, high quality wines.
Making the most of yet another beautifully
sunny spring day, I headed for the countryside of Maipu, only fifteen
kilometres from Mendoza and one of the oldest and best wine-producing areas.
The hostel manager had suggested I take a bus to the town of Coquimbito and
from there rent a bicycle and ride around the countless wineries of the region.
The first stretch had quite a lot of traffic, so I turned off onto an
attractive backroad leading through green vineyards and I was pleasantly
reminded me of my beloved Piedmont, although this was hardly comparable to the
extraordinary beauty of the Langhe. It was only a short ride to la Trapiche,
the main winery of the area, and on the way I realised that someone was
following me – an Austrian in his forties who had rented a bicycle from the
same place as me. He seemed pleasant enough, so we went on together, starting
with an introductory tour of techniques of cultivation and fermentation. Before
entering the winery, we saw some old railway tracks. These led directly from
the winery to the main railway line to the capital – an example of the perfect
logistics they enjoyed here a hundred years ago. At last, the best moment came: a tasting of a Sauvignon Blanc, a Malbec-Cabernet
Franc (in a ratio of 70-30), and a Cabernet Sauvignon-Malbec-Merlot
(90-7-3), all with an alcohol content of 14 -15 %. We chose
the second as the best and of course, good Italian that I am, I asked for another
round.
We got back on our bikes but by now it was
lunchtime, so we made for a rustic bar in the middle of the vineyards where they
served good locally-made beer and empanada (pasty filled with meat or
vegetables). A quick lunch before setting off again, pedalling among more fabulous
stretches of vineyards and taking in all that good country air. Apart from a
visit to a winery in Chile, this was the first time I was in countryside
similar to where I had grown up. A few kilometres further on we came to a
series of wineries one beside the other. This made it possible for us to have a
rapid series of tastings of Malbec, Cabernet Sauvignon, Merlot and Shiraz. The
conversation between the Austrian and myself became merrier and merrier and
more and more delirious as our levels of alcohol rose. He had been on a course to
become a sommelier, or wine steward, and kept telling me how much he loved
Italy and that Piedmont was the most complete region with regard to food and
drink. Well, that almost made me a little homesick, but he was right about
Italy being an extraordinary place for an infinite number of reasons.
By now it was almost seven in the evening and
we had been drinking for eight hours. With the wineries all closed, we set off
home on a dangerous journey of ten or so kilometres among the cars, buses and
roadworks. Passers-by may have thought we were madmen, but along with the new
odours and perfumes, I was taking home
a triumph of cycling and alcohol. Raise your glasses one and all, for wine is
medicine for the soul.
Ciao Carlo. Ti posso chiedere da dove vieni visto che citi le Langhe? Io sono di Alba, ti seguo spesso e non sapevo fossi anche tu della zona: la cosa mi ha colpito!
RispondiEliminaIntanto complimenti per il cuore che metti in questa esperienza di vita meravigliosa.
Fabio
Sono di Torino, amo le Langhe !
EliminaGrazie !
senti ma come fai a mantenerti? già che sei li potresti salutarmi le mie cugine argentine, anche se ho appena scoperto di avere famiglia li, che non lo sapevo!
RispondiElimina