Approfittando di alcuni giorni liberi da lavoro ho deciso di esplorare l’area della sierra attorno a Cordoba. Per evadere dall’inquinamento e dal caos della città ho raggiunto un piccolo e tranquillo villaggio immerso nel verde tra monti e fiumi armato di un armonica ed un libro. San Marcos Sierras è un paradiso dove vivono in armonia comunità hippy di artisti e artigiani con gli abitanti locali. La purezza dell’aria e il clima ideale attirano sempre più argentini e stranieri a trasferirsi a vivere qua nonostante l’area sia ancora poco abitata. Questo pacifico villaggio raccoglie solo poco più di un migliaio di abitanti, ma l’attrattiva turistica sono i due fiumi che scorrono nelle vicinanze.
Io e Luis, il cuoco colombiano dell’ostello in cui lavoro, siamo partiti con tenda e costume per trasferirci sulle rive del fiume omonimo che attraversa il villaggio. Lo abbiamo risalito camminando qualche chilometro scoprendo pozze paradisiache dove nuotare e rinfrescarci dal gran caldo diurno. Le notti erano fresche, perfette per deliziose grigliate di verdure, finchè non arrivavano i temporali puntualissimi diquesti giorni. Ci hanno colto di sorpresa perchè la tenda di Luis non ha il secondo strato di protezione dalla pioggia così ci siamo un po’ arrangiati ma quando si cerca avventura va bene tutto. Per via dell’abbondante acqua caduta nelle notti il fiume ogni giorno si innalzava di quasi un metro e, ieri oltre ad essere in piena, in alcuni tratti straripava. La camminata per risalirlo era la superficie di un tunnel di cemento armato che trasportava una parte di acqua direttamente al villaggio. Purtroppo una volta costruito non ha ricevuto un servizio di manutenzione e in alcuni tratti il cemento si è frantumato creando pericolosissimi buchi con le barre di acciaio sporgenti. Ieri eravamo accompagnati da una coppia argentina e la figlia della donna che aveva solo 5 anni. Arrivati ad un tratto in cui il fiume strabordava con l’acqua fangosa che non permetteva di vedere dove bisognava camminare, mi sono fatto avanti io perché la coppia era timorosa per la bimba. Pochi metri e sento il vuoto sotto i miei piedi, casco in un buco di dimensioni quasi un metro quadrato, i miei piedi non sentono il fondo e rischio di essere trascinato dall’acqua nel tunnel rimanendoci così intrappolato. Fortunatamente e istintivamente durante la caduta ho allargato le braccia riuscendo cosìad aggrapparmi ai bordi. Uscendo dal buco mi sono accorto di avere una gamba ricoperta di sangue per una ferita sullo stinco tatuato. Oltre tutto ho preso un brutto colpo sul costato sinistro. Perdo molto sangue e sono lontanissimo da una strada o una clinica. Lego una maglietta attorno alla ferita e inizia il lungo e faticoso cammino all’unica piccola clinica del villaggio. La gentile infermiera mi cuce il taglio con 3 punti mentre con gli altri ragazzi ci si rende conto che era andata parecchio bene sia perché potevo essere trascinato via dall’acqua in quel tunnel senza via d’uscita, sia perché se capitava alla bimba probabilmente sarebbe finita peggio.
Stamattina all’alba mi sono incamminato verso la piazza principale accompagnato da un tenero cane randagio, che mi ha seguito ovunque per due giorni, ed ho preso il primo pullman diretto a Cordoba. Torno per lavorare gli ultimi giorni perché è tempo di riassaporare la strada. Questo stop è stato utilissimo per vari motivi. Questa giovane e viva città mi ha trasmesso tanto grazie ai suoi numerosi eventi culturali e musicali, ma anche sotto il piano umano grazie alla sua calorosa e ospitale gente. Tuttavia, come capita ovunque, dopo un certo periodo inevitabilmente ci si ritrova in una routine che in questo caso è stata enfatizzata dal gran caldo di questi giorni che non permetteva di fare particolari attività diurne. Siccome dovevo ricaricare le batterie, dopo continui e lunghi spostamenti, era proprio quello che cercavo per ritrovare lo stesso grande appetito di viaggio che avevo all’inizio di questa esperienza. La routine si sa che può essere letale perché porta ad una vita malsana,il viaggio uccide la routine. Ho avuto un ulteriore conferma che non esiste un paradiso in cui vorrei fermarmi a vivere, a meno che non ci sia una motivazione sentimentale. Ogni piccolo o grande paradiso ha qualcosa da offrirti ma poi dopo il primo periodo di scoperta subentra la routine e arriva l’ora di cambiare aria. Mi sento sempre più vicino al pensiero dei nomadi che sentono questo bisogno continuo di spostamento perché il viaggio è uno straordinario stato mentale, non una meta.
I had a few days off work and decided to explore the sierra around Cordoba. I went to a tiny calm village in the green between mountains and rivers to escape from the city pollution and chaos, taking with me a book and a harmonica. San Marcos Sierras is a paradise where hippy communities of artists and craftsmen live in harmony with the locals. The purity of the air and the perfect climate attract more and more Argentinians and foreigners to come and live here despite the fact that the area is not heavily populated. Just over a thousand people live in this calm village and the main tourist attraction are the two rivers that flow nearby.
I left with a tent and swimming trunks with Luis, the Colombian cook from the hostel where I work, and went to the banks of the river,which has the same name as the village. We walked a few kilometres upstream, discovering fantastic pools where we could swim and splash to refresh ourselves from the daytime heat. The nights were cool, perfect for delicious vegetable barbecues until, as is common for this time of the year, the storms came. We were caught by surprise because Luis’s tent didn’t have a waterproof layer, so we made do with what we had, as when youlook for adventure anything goes. The river rose nearly a metre every day with all the rain that fell during the nights and yesterday it overflowed in some points. We had to walk on top of a concrete pipe that carried water to the village. The pipe hadn’t received any maintenance since it was built and there were dangerous holes with metal bars sticking out in several points. Yesterday an Argentinian couple with a daughter who was only five years old joined us. We reached a point where the overflowing muddy water of the river didn’t allow us to see where we were walking and I decided to go first because the Argentinian couple wereworriedfor their daughter. After a couple of metres I fell into a hole about of about a square metre, my feet didn’t touch the bottom and I risked being carried away by the flow inside the tunnel and being stuck there. Luckily, acting out of instinct, I widened my arms while falling and managed to hold on to the edges of the hole. When I got out I saw that my leg was bleeding from a gash on my tattooed shin. I also hit the left side of my chest quite hard. I was losing a lot of blood and was far from the nearest road and clinic. I tied a t-shirt around the wound and started the long hard walk to the small clinic in the village. There, the kind nurse gave me three stitches while it began to sink in that we had been lucky - I could’ve been carried away into the tunnel without being able to get out and if it had happened to the little girl the outcome would’ve been worse.
This morning at dawn I walked to the main square with a sweet stray dog which had followed me everywhere for two days and I took the first bus to Cordoba. I went back to finish my last days of work because the time has come to hit the road again. This stop has been very useful for several reasons. It’s been great in this young lively city thanks to all the cultural and musical events and the people who are so warm and friendly. As usual however, after some time you get stuck in the daily grind, which in my case was made worse by the heat that made it impossible to do many things during the day. The time here was just what I needed to recharge after continuous long journeys and find again the same desire to travel that I had at the beginning of this experience. As everyone knows, routine can be lethal because it leads to an unhealthy life but travelling kills routine. I’ve had further proof that there is no paradise where I would want to stop and live in unless for sentimental reasons. Every paradise, no matter how big or small, has something to offer, but after the first period of discovery routine comes into play and it is then time to move on. I feel very close to the way nomads think and to their constant need to move, because travelling is an extraordinary state of mind, not a destination.
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