Quando una cultura vivace, come quella brasiliana, e
un’altra ardente, come quella africana, si incrociano in tragici eventi, come
la tratta degli schiavi, ecco che nasce uno straordinario e passionale
capolavoro di umanità trasmesso tramite l’arte e la musica, Salvador de Bahia.
Principale porto per la “tratta dei neri” nei tragici anni
della schiavitù africana in Sud America, oggi conserva i segni del suo passato
nelle abitudini e sui volti dei suoi abitanti. Circa l’80% è di origine
africana e le più caratteristiche tradizioni di questa affascinante città
portuale sono anche esse state create dagli afro brasiliani. Quando gli schiavi
raggiungevano il nuovo continente, gli veniva vietato di proseguire il culto
della loro religione e venivano obbligati a seguire il Cattolicesimo. Nacque
così il Candomblè, un misto di rituali africani e culti cristiani. Ai loro dei
delle forze della natura associarono dei santi cattolici per ingannare i propri
oppressori. Per poi passare alla allegra e vibrante musica che caratterizza
Salvador, ad ogni ora del giorno nel centro, chiamato Pelourinho, si possono sentire le percussioni sonorizzare
questa esotica atmosfera. Agli schiavi era pure proibito praticare ogni tipo di
lotta così nelle piantagioni di zucchero inventarono la capoeira, una sorta di
arte marziale mista ad un ballo per confondere gli schiavisti quando arrivavano
e li osservavano praticarla. Svilupparono una grande abilità nell’uso dei piedi
con calci acrobatici perché quando scappavano avevano le mani legate.
Naturalmente questa lotta divenne un simbolo per la liberazione degli schiavi e
a Salvador ci sono varie scuole. In qualche piazza ci si può imbattere in un’
esibizione sonorizzata dal berimbau, uno strumento a forma d’arco. Senza
dimenticare la samba che nacque proprio qua nei primi anni del XX secolo,
infatti alcuni famosi testi si riferiscono al Candomblè.
Stamattina decido di avventurarmi per la città senza avere
la minima idea di dove andare, sento solo la voglia di conoscere meglio la
quotidianità dei brasiliani. Così attraverso la stupenda Pelourinho osservando
l’architettura portoghese del XVII e XVIII secolo tra immense chiese e vecchi
palazzi coloniali. Le case colorate e le vie con il pavè regalano un fascino
unico a questo luogo. Peccato che concentri tutte le masse di gruppi
organizzati di turisti, provenienti anche da navi crociera, facendomi
desiderare di evadere da queste vie. Così esco dal centro e mi avventuro a caso
verso nuovi quartieri.
Ne attraverso subito uno ben più fatiscente e sporco cosi
cerco un vecchio bar trasandato dove poter bere un succo con i prezzi più
economici della città tra la gente locale. Ne trovo uno che fa al caso mio,
entro attirando l’attenzione dei clienti, per la mia carnagione chiara, e
ordino un succo all’ananas. Dopo alcuni minuti il mio sguardo incrocia un
magro, baffuto e vecchio signore sulla
settantina d’anni. Indossa dei pantaloni verdi, una camicia e un cappello nero
con sopra degli occhiali da sole oltre a quelli da vista ben posizionati sul
naso. Sulle braccia ha due orologi e dei bracciali in argento, sul petto si
intravede una catenina d’oro con l’immagine della Madonna. Gli sorrido e si
avvicina a me pure lui sorridente. Sembra felice e in mano ha due buste con
delle foto. Mi racconta che la figlia, che vive in Francia perché sposata con
un francese, gli ha mandato delle foto con anche la nipote. Poi tira fuori
altre foto davvero buffe perché la figlia posa con un immenso body builder
africano. Nella seconda invece sembra posare con un transessuale, ma poi scopro
che si tratta di una body builder davvero impressionante che deve avere
parecchio esagerato con gli ormoni e ormai di femminile gli rimane solo il seno
rifatto. Partono le risate e mi prende in simpatia tanto che decide di sedersi
con me, vuole brindare così che dal succo mi ritrovo con una birra fresca
gentilmente offerta. Si aggregano a noi altri due clienti del bar, uno è un
grasso uomo sulla quarantina che vende collane e l’altro è un camionista che fa
consegne di cibo.
Dopo qualche ora esco mezzo ciucco per cercare di
raggiungere altri quartieri della città e salgo su un pullman a caso non sicuro
su dove sto andando. Dopo una difficile chiacchierate con l’autista, mi scarica
nel quartiere più meridionale sul lungo mare. Trovo un mercato del pesce e
qualche buon ristorante tipico bahiano dove mangiare. Questa parte della città
non ha molto da offrire e i trenta gradi con un umidità del’80% non stimolano
lunghe camminate così che cerco un mezzo per il ritorno. Mi avvio verso
l’ostello ma poco prima passo casualmente davanti ad un caratteristico
parrucchiere locale che utilizza ancora vecchi seggiolini di legno con la
pedana di ferro che indica la provenienza da San Paolo. Le mura di pietra ricordano
una cantina e qua e là si notano foto sparse di calciatori brasiliani tra cui
il grande Pelè. Decido di provare questa nuova esperienza conscio che il
risultato dei capelli molto probabilmente non sarà quello immaginato ma sono
curioso di vedere come il parrucchiere li taglia e che ha da raccontare agli
amici attorno a lui. Lui è un uomo robusto sulla cinquantina d’anni con lo
sguardo serio. E’ molto impegnato a discutere con gli amici di calcio che quasi
non mi ascolta e parte a tagliare qua e là. Cerco di fermarlo ogni tanto prima
che gli errori diventino irrimediabili ma a volte è iracondo per la discussione
e non si ferma. Esco da li con qualche buco in testa ma comunque soddisfatto
dalla mia giornata culturale. Ora come mi è sempre capitato in questo viaggio
non mi rimane che rimediare da solo con le forbici nel bagno dell’ostello,
peccato che il mio bagno sia senza luce.
In the exotic atmosphere of Pelourinho,
Salvador’s city centre, you can hear percussion instruments and upbeat vibrant
music all day long. The slaves were even prohibited from practising any form of
physical combat , so in the sugar plantations they invented Capoeira, a mix of martial arts and dancing that the
slavers would not be able to recognise. They developed a great ability to
perform acrobatic kicks, because when they ran away their hands were tied
together. Sure enough, this type of fighting became a symbol of freedom from
slavery and it is taught in many schools in Salvador. In some squares you can
bump into music performances where an arc-shaped intrument called the
‘berimbau’ is played. And we should not forget the samba, which was born here
at the beginning of the twentieth century and is referred to in Candomblé
texts.
This morning I decided to explore the city
without having any particular plan as to where I would go, I only felt like
getting to know the daily life of Brazilians better. So I crossed the beautiful
Pelourinho, looking at the Portuguese architecture of the 1700 and 1800s with
its huge churches and old colonial buildings. The coloured houses and paved
streets give the place a unique charm. Unfortunately this is also where all the
tour groups from cruise ships concentrate, and they made me want to leave the
area. So I did, and made my way towards new areas of town.
Very soon I was walking through one which was
way more dilapidated and dirty and I looked for an old run-down bar to drink
one of the cheapest fruit juices in town with the locals. I found a bar of the
type I was looking for and entered, the colour of my skin attracting the
attention of the customers, and ordered a pineapple juice. After a couple of
minutes, I locked eyes with a skinny old man around seventy years old with a
moustache. He was wearing green trousers, a shirt, a pair of spectacles and
black hat on top of which a pair of sunglasses was perched. He also wore two
watches, some silver bracelets and a golden necklace with a Virgin Mary. I
smiled at him and he walked up to me, smiling. He seemed happy and carried in
his hand two envelopes containing some photographs. He told me that his
daughter who is married to a Frenchman and lives in France had sent him some
photos of his niece. Then he took out more photos which were really funny
because his daughter was posing with a massive African body builder. In the
second photo she seemed to be posing with a transexual but I then found out
that it was actually a really impressive female body builder who must have
exaggerated with taking hormones and the only feminine things left were her
redone breasts. We cracked up laughing and he must’ve liked me as he then
decided to sit next to me and wanted to make a toast. The next thing that
happened was that he kindly bought me a cold beer. We were joined by two other
customers, a fat man in his forties who sells necklaces and a truck driver who
delivers food.
After a few hours I left the bar half-drunk and
tried to get to other areas of town by taking a bus at random, unsure of where
I was going. After a difficult conversation with the driver, I was left in the
southernmost area of town along the seaside. I found a fish market and some
good typical Bahian restaurants to have a meal in. This end of town didn’t have
much to offer and the thirty-degree temperature with 80% humidity didn’t make
long walks very pleasant so I looked for some return transport. I headed back
to my hostel and by chance walked by a typical hairdresser’s which still used
old wooden chairs with iron footrests indicating Sao Paulo as their origin. The
stone walls reminded of a cellar and scattered here and there were photos of
Brazilian footballers, including the great Pelè. I decided to try this new
experience knowing that the haircut would not be exactly what I expected but I
wanted to see how this hairdresser cut hair and to listen to the conversation
with his friends around him. He was a robust man of around fifty with a serious
look. He was very busy discussing football with his friends and started cutting
my hair without hardly listening to me. I tried to stop him every now and then
before the damage became unrepairable but sometimes he was enraged because of
the conversation he was having and would not stop. I left the hairdresser’s
with a really poor haircut but satisfied with my cultural experiences of the
day. So now, as always during these travels of mine, I’m left with having to
fix my haircut myself with some scissors in the bathroom of my hostel. It’s
a pity there’s no light there.
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