Sveglia prima dell’alba alle 4.30 dopo una notte da incubo a Gorakphur, cittadina di passaggio dal Nepal. Non ho chiuso occhio fino alle 2 per via del concerto di clacson di pullman e macchine sulla strada sotto l’ hotel, che si è protratto tutta la notte, mentre le zanzare banchettavano sul mio corpo in una stanza davvero sporca. Alle 3 è partito un generatore e si sentiva talmente forte che pensavo di averlo in camera – mi sono alzato varie volte per controllare.
Cosi zaino in spalla e con una faccia pallida ho raggiunto la stazione e trovato il treno. Salgo sui vagoni della classe più economica ( poco più di un euro per 250 km ), inizio a cercare un posto e mi accorgo come al solito di essere l’unico straniero. Dopo vari tentativi sono fortunato e trovo un posto libero. Ma dopo alcuni minuti arriva un omone grosso e barbuto che reclama il suo posto. Sono troppo stanco e gli chiedo per quale motivo sarebbe suo, mi fa notare un asciugamano e un giornale di sua proprietà, ma non insiste e se ne va.
Inizia il viaggio e torno a rilassarmi osservando il paesaggio cambiare strada facendo. Ho attraversato un pianura paludosa tra villaggi e campi agricoli, notando la raccolta ordinata di sterco di vacca seccato che da queste parti è un vero e proprio business. Viene utilizzato come combustibile, fertilizzante e anche per isolare le case da umidità e insetti. Pensate che lo utilizzano pure mischiandolo con l’hashish per venderlo ai turisti meno esperti. A mezzora dall’arrivo a Varanasi, quando ormai lo scomparto sta trasportando più del doppio della gente permessa, arriva l’ennesima signora sulla quarantina tutta truccata che chiede un’offerta – nessuno parlava in inglese e non hanno potuto spiegarmi se era solo per elemosina. Le interessano i miei tatuaggi, mi scopre le maniche e la schiena. Poi mi stringe le guance, dice qualcosa di incomprensibile, e mi bacia sulla bocca. Rimango totalmente basito, si gira e se ne va – probabilmente le donne indiane sono più disinibite delle nepalesi.
Arrivo a Varanasi, mi scaricano sui binari, riesco ad uscire dalla stazione nonostante la marea di gente all’interno. Salgo su un ape che cerca di trasportarmi nell’ hotel del suo amico dall’altra parte della città di dove voglio andare. Insisto per farmi portare nella zona interessata cosi mi lascia nelle vicinanze. Vari cacciatori di turisti, che sulla strada cercano di approcciarmi, mi avvertono che oggi è l’ultimo giorno di un festival indù importante sul gange e che sono fortunato– Evvai !Questa è la città sacra in cui tutti gli induisti almeno una volta nella vita vengono a immergersi nelle sue acque e chi vuole uscire dal ciclo di nascita e morte viene a morire qua. Cammino per le strade principali, è il caos ed è difficilissimo farsi spiegare dove si trova la guesthouse. Incontro Mamou, un ragazzo indiano che si offre di accompagnarmi. Entro in un labirinto di vicoli stretti, chiamati gali, attorno ad edifici alti che non permettono il passaggio di raggi solari. All’interno dei vicoli si trova un affollamento di pellegrini, mendicanti, vacche, cani e sterco ma allo stesso tempo si avverte un insieme di odori forti contrastanti. Trovo l’Uma guesthouse che è gestita da un Ong indiana. Questa organizzazione si occupa di dare un istruzione scolastica a bambini poveri o disabili. La scuola è collegata all’ hotel dove mi sistemo in una stanza spartana a 2 euro, il 20% dell’incasso va alla scuola.
Dopo un ora di meritato relax - nelle ultime due notti avrò dormito 6 ore in tutto - non avevo idea dello spettacolo che mi stava aspettando. Assieme a due ragazze francesi ed una indiana scendo tra i gali fino ad un ghat (scalinata che porta al fiume). Appena inizio a intravedere il fiume rimango incantato da milioni di candele e luci ovunque, lo scenario è davvero romantico. Ultimo giorno di Deepwali, il festival indù delle luci che celebra in questo caso il fiume Gange. Inoltre siamo nel mese di Kartika, dedicato alla divinità Krishna.Salgo su una piccola barca a remi che mi porterà a visitare i vari ghat lungo il fiume. Milioni di devoti in festa ovunque, cantanti, balli e fuochi d’artificio. Si avverte un‘ energia travolgente. Augurando prosperità alla propria famiglia i fedeli lasciano scorrere sul fiume candele su corone di foglie. Mi innamoro di Varanasi in poche ore e mi rendo conto dell’immensa fortuna che ho ad assistere a tutto ciò per caso. La forze del mondo in questo momento sospirano per me come direbbe Coelho.
Sto trascorrendo giorni davvero intensi a Varanasi. Durante la festa del Children Day, ho visitato un’altra scuola che ospita bambini poveri o orfani nel suo edificio dando a loro un istruzione. Ho intervistato il direttore della SankatMochan Foundation, che ha dei progetti di pulizia del Gange nella zona di culto. Ho fatto una scelta importante per la mia vita e non solo. Terrò l’esclusiva di tutto ciò e di vari altri racconti, che per ora preferisco censurare, per il libro ampliando anche le descrizioni oggettive. Il blog è solo un breve riassunto di quello che sto vivendo in prima persona. Seguite le foto nel collegamento sulla destra “foto viaggio”.
I woke at dawn, 4.30 in the morning, after a terrible night in Gorakphur, a city in India on the way south from Nepal. I didn’t manage to get to sleep before 2.00 a.m. because of the all-night tooting of buses and cars in the road outside, while mosquitoes feasted on me in my really dirty room.
At 3.00 a.m., a generator started up. It was so noisy, I thought it was in my room and got up several times to check.
So with a pale face and my backpack on my shoulders I reached the train station and found a train.
I got into the cheapest carriages (just over €1 for 250 km) and started looking for somewhere to sit.
I noticed that, just for once, I was the only foreigner on board. After a short search, I was lucky enough to find an empty seat. A few minutes later, along came a big bearded man who claimed that I had taken his seat. I was so tired that I just asked him how it was his and he pointed at a towel and a newspaper of his there, but then left without insisting any more.
The journey started. I relaxed while watching the landscape change as the train made its way through a swampy plain between villages and fields, and noted that cow dung was carefully collected. Dung is truly a business here: used as fertiliser, house insulation against humidity and insects - even mixed with hashish and sold to gullible tourists!
Half an hour before arriving in Varanasi, when the train was carrying more than twice the number of passengers allowed, the umpteenth female beggar in her 40s with heavy make up came into the carriage. Nobody spoke English so nobody was able to tell me if she was just begging or what.
She showed interest in my tattoos and uncovered my sleeves and back. She then pinched my cheeks, said something incomprehensible and kissed me full on the lips! I was flabbergasted, she simply turned and left. Perhaps Indian women are less inhibited than Nepalese ones.
In Varanasi, I got down off the train onto the railway line and, despite the huge crowd, managed to make it out of the station. I got on a rickshaw and although at first the driver wanted to take me to the hotel of a friend of his on the other side of town compared to where I wanted to go, after I insisted, he dropped me off near where I wanted to stay. I was told by many ‘tourist hunters’ who came up to me that this was the last day of an important Hindu festival on the Ganges and that I was lucky to be there. Hooray! Varanasi is the holy city where all Hindus come at least once in their lives to bathe in the waters of the Ganges, whilst those who wish to break the cycle of birth and death come to die here. I walked along the main roads, which were totally chaotic, and it was extremely difficult to get directions to my guesthouse. I then met Mamou, an Indian boy, who offered to take me there. We entered a labyrinth of narrow alleys called ‘gali’ surrounded by high buildings that block out the sunlight. The alleys were crowded with pilgrims and beggars, there were cows, dogs and dung and strong contrasting odours. I finally found Uma’s Guesthouse, where I got a basic room for €2. The guesthouse is run by an Indian NGO that gives basic education to poor or disabled children, with twenty per cent of the money made by the guesthouse going to the school.
After a well-deserved hour relaxing - I had totalled around six hours’ sleep the pr
evious two nights - I had no idea of the spectacle I was about to witness. I walked down to the ghats (steps leading to the river) with two French girls and an Indian girl. From my first glimpse of the river, I was bewitched by the lights and candles everywhere, seemingly millions of them, making the place truly romantic. It was the last day of Diwali, the Hindu festival of lights which, in this case, celebrates the Ganges, and also the month of Kartika, dedicated to Krishna. I got on a small rowing boat to visit the ghats along the river. Everywhere there were devotees, singers, people dancing, fireworks, and the sense of an overwhelming energy. Wishing their families prosperity, the faithful put candles on
garlands and gently deposited them on the water. I fell in love with Varanasi after just a few hours and I realised how lucky I had been not to miss all this. Right now, as Coelho would say, the forces of the Universe conspire for me.
The days in Varanasi were really intense. On Children’s Day, I visited another school for poor children and orphans. I then interviewed the director of the Sankat Mochan Foundation, who is planning to reduce the pollution of the Ganges in the areas for religious services. I also made an important decision regarding my life: this blog is just a brief summary of my first-hand experiences, the book will have longer, more detailed descriptions. Check out the photos with the ‘travel pictures’ link on the right.
fantastica quella foto.
RispondiEliminaben trovato e buon viaggio.
-m