Around the world trip without flights was completed March 18, 2013. But many new travel projects came and will come. Books, photos and videos of a free life dedicated to the knowledge of the amazing World where we are living.

sabato 28 gennaio 2012

26/01/2012 Munnar: un esempio di integrazione religiosa / an example of religious integration



Munnar è una trasandata cittadina situata sulle colline orientali della regione del Kerala ai piedi delle montagne dei Ghati occidentali. Ancora prima di essere arrivati,si può riconoscere la particolarità di questo luogo attraverso il profumo che emanano la moltitudine di piantagioni di thè che dipingono il paesaggio di un verde giada. Nel Kerala si trovano almeno un quarto delle 10.000 specie di piante diverse dello stato indiano tra cui quasi 1.000 sono specie di piante utilizzate per la medicina.

Lungo la strada che porta a Munnar si avverte una forte presenza cristiana e comunista, ogni piccolo villaggio ha la sua chiesa che condivide la scena con la miriade di bandierine rosse. Mentre osservo la fauna cambiare davanti ai miei occhi e respiro un aria di montagna decisamente più fresca della costa del Kerala, l’autobus affollato continua a salire lentamente caricando a bordo chiunque lo richieda sulla strada.

All’arrivo a destinazione in mattinata, dopo uno stremante viaggio notturno di 14 ore insonni tra treno e bus, vengo subito colpito dall’atmosfera viva di Munnar. Un potente soundsystem, installato davanti alla chiesa, sonorizza la città tra canti cristiani e indiani. La moschea richiama alla preghiera i suoi fedeli in cinque diversi momenti della giornata. Noto sulla collina una chiesa, una moschea e un tempio indù molto vicine tra loro a sottolineare la esemplare tolleranza religiosa di questo luogo. I cristiani fanno risalire il loro arrivo nella regione ai tempi apostolici di San Tommaso mentre i musulmani si diffusero per via del commercio. Nelle case dei suoi abitanti si possono trovare le immagini di Gesù, di Ganesh e di una moschea incorniciate in un solo quadretto da parete e decorato per essere venerato dalla famiglia – mai avevo incontrato una convivenza religiosa simile in nessuno dei miei precedenti viaggi !

La città sembra vivere un’epoca ritardata di 50 anni ignorante degli esempi negativi della storia mondiale. Il comunismo regna indiscusso da decenni tra bandierine e manifesti che inneggiano a Fidel Castro e Che Guevara. La politica è un concetto molto sentito nella regione che per via dei sindacati e delle unioni studentesche si trova spesso in sciopero. Ma questa roccaforte rossa vanta il più basso tasso di corruzione di tutta l’India. Il CPI-M (il partito comunista d’India markista) possiede alla stragrande la maggioranza politica di Munnar e di tutti i villaggi circostanti. In India sono due le regioni principali in cui il comunismo concorre per il governo regionale: il Bengala Occidentale ( la regione di Calcutta) e il Kerala . Quest’ultima è la prima regione al mondo ad aver eletto un candidato comunista democraticamente nel  1956. Si alternano al potere il CPI-M e il partito laico social-democratico del Congresso Nazionale Indiano INC. Dopo 5 anni di governo comunista marxista nel 2011 è tornato a governare il partito socialista spinto dagli interessi delle lobby indiane come il colosso TATA. Questa compagnia indiana, oltre ad avere il controllo del mercato legato ai mezzi di trasporto ed a molte altre attività, è proprietaria di immense piantagioni di thè con una fabbrica situata a pochi chilometri di Munnar vicino alla passeggiata percorsa dai turisti per raggiungere le cascate di Atthukad.

Le attività economiche principali della zona sono legate al turismo e al commercio di tè e spezie coltivate nell'area circostante. Il paesaggio naturale è ricco di verde e presenta una bella varietà di alberi, piante e fiori profumati. Si possono effettuare escursioni libere tra le piantagioni raggiungendo punti panoramici e cascate o esplorando una foresta di alberi di sandalo. Purtroppo alcuni tratti dei trekking sono lungo le strade percorse da autobus e autorisciò che inquinano l’aria scaricando odori irritanti che si mischiano al profumo delle piantagioni. Bambini sorridenti mi osservano basiti camminare a bordo strada e proprio nei loro sguardi innocenti mi rendo sempre più conto che pure io sono nato puro come loro, ma sono stato contaminato dall’educazione materialista e consumista della società occidentale in cui sono cresciuto. In questo viaggio attorno al mondo, attraverso la conoscenza di culture orientali e indigene personificate da sadhu, monaci e sciamani, sono alla ricerca di quella purezza e innocenza infantile smarrita per arrestare l’involuzione della mia anima e tornare ad essere ciò che sono stato alle origini.


Munnar is a rundown town in the eastern hills of the Kerala region, at the foot of the western Ghati mountains. Even before arriving, the distinctiveness of the place is evident from the fragrance emanating from the tea plantations colouring the landscape jade-green. Kerala hosts a quarter of the 10,000 plant species in India, of which nearly 1000 are used for medicine.

On the road to Munnar the strong Christian and Communist presence is also evident: every village has its own church and multitude of red flags. As I watched the fauna change before my eyes and breathed the mountain air, much fresher than the air on the coast, the crowded bus I was on kept climbing slowly uphill, taking on whoever asked to be.

On my arrival the following morning after an exhausting and sleepless fourteen-hour journey by bus and train, I was struck by Munnar’s lively atmosphere. A powerful sound system set up in front of the church filled the air with Christian and Indian music. The mosque called believers to prayer five times per day. On a hilltop I spotted a church, a mosque and a Hindu temple very close to each other - a fact which underlines the religious tolerance of this place. Christians believe that their arrival in the region goes back to the time of St Thomas whereas the Muslims arrived through trade. In local houses, there are decorated and venerated pictures with images of Jesus, Ganesh and a mosque - a level of religious coexistence I had never before encountered on any of my travels!

The city seems to be stuck fifty years in the past, unaware of the negative examples of world history. Communism has been ruling undisputed for decades, with flags and posters celebrating Fidel Castro and Che Guevara. Politics are strongly felt in the region, indeed strikes are often called by the trade unions and student associations. But this “Red” bastion also boasts the lowest levels of corruption in all India. The CPI-M (Indian Marxist-Communist party) has an overwhelming
political majority in Munnar and surrounding villages. In India there are two main regions where communism rules local government: Western Bengal (the region of Calcutta) and Kerala.
In 1956, Kerala became the first region in the world to democratically elect a communist candidate. The CPI-M and the lay Social-democratic party of the Indian National Congress (INC) take turns to run the region. In 2011, after five years of Marxist-Communist government, the Socialist party returned to power backed by the interests of lobbies, such as the industrial colossus TATA. This Indian company controls the market of means of transport, and also owns vast tea plantations and a tea factory just a few kilometres outside Munnar, near the walk taken by tourists to reach the Atthukad waterfalls.

The main economic activities of the area are tourism and the trade of locally-grown tea and spices. The landscape is very green, with a wide variety of trees, plants and perfumed flowers, and excursions can be made to the plantations, panoramic spots, waterfalls, and a sandalwood forest. Unfortunately, parts of the hiking trails go along roads full of buses and rickshaws: the air is a mix of irritating vehicle emissions and the fragrance from the tea plantations.

 Astonished smiling children observed me walking along the side of the road and their innocent glances reminded me that I was born pure but then contaminated by the materialist and consumer education of the Western society I was brought up in. In this journey around the world, by coming into contact with Eastern and local cultures personified in sadhus, monks and shamans, I’m looking for lost purity and childish innocence to stop the decline of my soul and return to what I originally was.

martedì 17 gennaio 2012

16/01/2012 Se i sogni fossero fatti di pietra sarebbero Hampi / Hampi, what dreams would be like if they were made of stone



Sveglia alle 7 ben riposato e pronto per una nuova favolosa giornata con il sorriso stampato sulla faccia alla scoperta di una cittadina senza tempo: Hampi. Mi addentro nel bazar alla ricerca di un bancomat per prelevare essendo rimasto a secco. Vengo subito attratto dalla torre di 120 piedi del tempio Virupashka e mi avvicino addentrandomi nel tempio stesso. Al primo mattino la cittadina è già affollata di commercianti alla ricerca di business e turisti soprattutto indiani.

Dopo la visita cerco di fuggire dal bazar, ma quando ormai sembra fatta sento nominare il mio nome ad alta voce dietro me, mi volto ed ecco Drew (il ragazzo israeliano conosciuto la prima notte a Kathmandu più di 3 mesi fa) comparire davanti ai miei occhi allibiti - è la terza volta che lo incontro dopo la prima in Nepal e la seconda a Gokarna. Tempo per un abbraccio e si unisce a me alla ricerca del bancomat perduto che scopriamo essere a ben 3 chilometri da noi. Camminiamo nelle strade polverose evitando mucche, maiali selvatici e cani randagi per trovare il mezzo più economico per raggiungere la nostra destinazione, riceviamo delle proposte indecenti dagli autorisciòwalla: 200 rupie (3 euro). Decidiamo di aspettare il bus e nel frattempo conosciamo Jira, una simpatica donna indiana sulla quarantina d’anni che vende chai davanti alla fermata. Ci sediamo al suo chioschetto e ci mostra i suoi piccoli tatuaggi incuriosita dai miei. Bus in arrivo ! Al piacevole costo di 6 rupie ( 8 centesimi di euro) a testa saliamo sull’affollatissimo mezzo attraversando esotiche rovine per raggiungere il bancomat dopo 15 minuti grazie alle indicazioni degli indiani che incontriamo sulla strada.

Raggiunto il nostro obiettivo ci avventuriamo alla scoperta dei 9 chilometri quadri d’area in cui sono comprese le rovine di uno dei più potenti imperi indù di tutti i tempi: i Vijayanagar. Hanno dominato una buona parte dell’India dopo i moghul tra il XIV e il XVI secolo prima dell’arrivo dei Sultanati del Deccan. Nel 1336 il principe Harihararaya stabilì la capitale ad Hampi. Ad oggi sono sopravvissuti diversi templi collocati in questa grande area particolare per i giganteschi blocchi di granito color ruggine che si sono formati in milioni di anni di attività vulcanica ed erosione atmosferica rendendo questo luogo favoloso.

Dall’estremo meridionale entriamo attraverso una strada sterrata in uno scenario inizialmente arido, visitiamo il primo tempio e proseguiamo il nostro cammino incontrando solo un pastore con due capre. La parte turistica deve essere completamente dall’altra parte perché qua  fortunatamente non si avverte anima viva. Il panorama è composto da piccole colline di questi enormi massi di granito sovrapposti e tra una collina e l’altra si intravedono le rovine. Dopo un oretta quando il sole inizia ad essere bollente ci rendiamo conto di avere solamente una borraccia mezza piena d'acqua, ma non si torna indietro troveremo una soluzione. Troviamo un bivio e Drew mi propone di andare a sinistra, lo seguo.

La strada termina in un oasi che si rivela essere una piantagione di banane situata sorprendentemente nel bel mezzo di questo arido paesaggio. Conosciamo i contadini che non parlano inglese ma con loro presenzia un giovane ragazzo istruito che si rileverà come il manager dei terreni in cui ci siamo imbattuti. Intraprendiamo una piacevole conversazione chiedendo informazioni e ci regalano quattro gustosissime banane. Li ringraziamo di cuore e cerchiamo di raggiungere una strada a est alla ricerca di qualche mezzo per il nord. Ci perdiamo nuovamente nei campi di pomodoro del gentil manager. Drew, che a casa in Israele possiede un orto, consiglia di coltivare i pomodori appesi ad un asticella di legno per permettere una maggiore e rapida crescita. Il manager ascolta a tutto orecchie ringraziandolo e affidandoci ad un vecchio contadino che ci accompagna verso la strada.

Sotto un sole desertico tentiamo l’autostop e il nostro ottimo karma ci permette di essere caricati da una jeep  sovraccarica di 11 indiani in gita ad Hampi. Ci assalgono di domande nel breve tragitto che ci porta all’entrata nord dell’area storica. All’arrivo ringraziamo anche loro e ne approfittiamo bevendo e mangiando del buon cocco fresco a 10 rupie (15 centesimi di euro). 

Percorriamo una nuova strada sterrata attirando le curiosità dei turisti indiani soprattutto per via dei miei tatuaggi che li impressionano molto scatenando le loro per niente riservate reazioni sorridenti. Si presentano uno ad uno domandando il nostro nome e la nostra provenienza, spesso ci chiedono di fare alcune foto ricordo. Ecco il tempio Vittala in tutta la sua bellezza mostrarsi di fronte a noi con onnipresente sfondo di blocchi di granito. Arriviamo all’entrata e scopriamo che costa 10 rupie per gli indiani e 250 per gli stranieri – un furto ! Da buoni avventurieri decidiamo di percorrere il perimetro delle mura del tempio trovando una personale entrata secondaria gratuita – giusto per sentirci ancora ragazzi. Mi stacco dal mio compagno tra le rovine del tempio e percorro una strada sotterranea completamente buia immaginando l’impero Vijayanagar con la pelle d’oca. Quando ci ritroviamo conosciamo una guida turistica indiana che lavora a Dharamsala, casa del Dalai Lama. Mentre dialoghiamo con lui mi accorgo che siamo circondati da indiani incuriositi e invito Drew ad andare che stiamo attirando troppo l’attenzione.

Usciamo dalla nostra entrata privata e raggiungiamo un fiume. Si trovano diverse fonti d’acqua che creano del fresco verde nella zona in apparenza arida e secca. Sulle rive del fiume, con un paesaggio di granito e rovine impressionante, e a fianco ad una piccola lavanderia è collocato l’ennesimo tempio che utilizziamo come riparo dal sole conoscendo una felice famiglia indiana che mi chiede se posso fotografarli per vedere la loro immagine mentre si abbracciano sorridenti - bella gente e belle vibrazioni. 

Prima di rimetterci in cammino gustiamo un dolcissimo succo di canna da zucchero con ginger e limone. Sono ormai 5 ore che siamo in cammino sotto il sole e godendoci gli ultimi panorami e templi optiamo per il ritorno al bazar e  un ricco pranzo indiano a base di masala dosa ( una specie di crepes condita con patata, cipolla fritta e spezie con pochi grassi ed un alto contenuto di carboidrati e proteine) e cipolla pakora ( cipolla fritta ricoperta di pastella) spendendo 35 rupie ciascuno (50 centesimi) - davvero economico e tutto gustosissimo! La cucina indiana vegetariana e' eccezionale , l'ideale per disintossicarsi dalla eccessiva cucina carnivora di casa nostra.


I woke up at 7.00 a.m. well rested, ready to start a new great day with a smile and to explore the timeless town of Hampi. I went into the bazaar looking for a cash machine, as I had no money left.
I was immediately drawn towards the 120 foot high tower of the Virupashka temple, and entered it. Although it was early in the morning, the town was already crowded with merchants looking for business and with tourists, Indians above all.

After visiting the temple I tried to get out of the bazaar as fast as possible and I had nearly made it, when I head someone calling my name out loud. Turning round, I saw Drew, the Israeli I met on my first night in Kathmandu more than 3 months before. I was astonished - this was the third time we had met, after Kathmandu and Gokarna. We hugged and he joined me in the search for a cash machine, which turned out to be three kilometres away. Walking along the dusty roads dodging cows, wild pigs and stray dogs, we were looking for the cheapest means of transport to get there. Rickshaw drivers wanted 200 rupees (3€) to take us there - a ridiculous price, and we decided to wait for a bus. A friendly Indian lady in her forties was selling chai at the bus stop and we took a seat at her stall. After seeing my tattoos she showed us hers. Then the bus arrived. For six rupees (€0.08) we got on the overcrowded bus and drove past exotic ruins before being dropped off fifteen minutes later. After asking the locals for directions, we finally made it to the cash machine.

We then ventured into an area of nine square kilometres containing the ruins of the one the most powerful Hindu empires ever: the Vijayanagar empire, which dominated a good part of India after the Moghuls, between the XIV and XVI century, before the establishment of the Deccan sultanates. In 1336, Prince Harihararaya established Hampi as the capital. Today, several temples still stand in this huge area which has singular rust-coloured blocks of granite formed over millions of years of vulcanic activity and atmospheric erosion, making it a fantastic place.

 We entered the area from the south on an unsurfaced road in an initially arid scenario, visited the first temple and then carried on our way, meeting only a shepherd with two goats. The tourist part must have been elsewhere because where we were there was, luckily, no-one else to be seen. These huge granite boulders create a panorama of small hills, between which the ruins are visible. After an hour, when the heat was becoming unbearable, we realised we had only a half empty water-bottle but carried on nonetheless. At a junction, Drew suggested we went left, I followed him.

 The road ended at an oasis that turned out to be a banana plantation - in this parched land. We met the farmers, but they spoke no English, then along came a young man who did - he was also the manager of the plantation. We hade a pleasant conversation, at the end of which they gave us four tasty bananas. We thanked them wholeheartedly, then set off to look for a road in the east where we could find some transport for the north. However, we got lost in some tomato fields of the same manager and Drew, who had experience of growing tomatoes back in Israel, explained to him that when they are supported by a wooden stick, the tomatoes grow faster and bigger. The manager listened carefully, thanked Drew, and then asked an old farmer to take us to the road.

We tried hitchhiking under the scorching sun. Our good karma led to us being picked up by a jeep that was already overloaded with 11 Indians on a trip in Hampi. They bombarded us with questions in the short time it took us to get to the northern entrance of the historical area, where we thanked them and went to eat fresh coconut and drink coconut milk for 10 rupies (0,15€).

We walked down another unsurfaced road, my tattoos attracting the unreserved smiling interest of Indian tourists and making them laugh. They introduced themselves, asked who we were and where
we were from and wanted to have their pictures taken with us. We made it to the beautiful temple of Vittala, with the ever-present granite rocks in the background. At the entrance we found out that the entrance fee for locals was 10 rupees but for foreigners 250 - a rip off! As any self-respecting adventurer would do, we walked along the outside of the temple walls until we found a secondary - free – entrance, going in here made us feel like youngsters. I wandered alone around the temple ruins. Going along a dark underground road imagining the Vijayanagar empire gave me goosebumps.
When we met up again, we started talking to an Indian tourist guide who worked at Dharamsala, home of the Dalai Lama. Curious Indians had gathered around us while we were talking to him, and as I thought we were drawing too much attention to ourselves, suggested to Drew that we leave. 

Leaving by our free entrance, we went to a nearby river. The area seems arid, but in fact there are various sources of water which allow some green areas to flourish. On the riverbank, close to a laundry, another temple stood in the stunning landscape of granite and ruins and there we took shelter from the sun. An Indian family asked me to take a photo of them whilst they put their arms around each other and smiled... friendly people and good vibes.

Five hours on foot under the sun give you a thirst, and we enjoyed sugarcane juice with lemon and ginger before heading back to the bazaar for a big Indian dinner. This was masala dosa (pancake with potatoes, fried onion and spices, low in fats but with high on carbohydrates and proteins) and onion pakora (onion in batter) for only 35 rupees each (0,50 €) - really tasty and really cheap! Indian vegetarian food is excellent and an ideal way to detox from the excessively meat-based cuisine of home.

domenica 8 gennaio 2012

06/01/2012 In cammino verso sud / Moving south



Di nuovo in viaggio, di nuovo alla scoperta di questo meraviglioso pianeta. Stamattina all’alba ho raggiunto la stazione del treno di Mapusa in direzione Gokarna accompagnato da Mario, un simpatico e semplice viaggiatore italiano sulla trentina d’anni in viaggio lontano da casa da circa 5 anni. Ha vissuto in Canada, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda lavorando come cameriere, muratore, addetto alle pulizie e a raccogliere la frutta nelle fattorie australiane e nuove zelandesi. Treno in ritardo di 2 ore alla partenza e cambio treno in ritardo di altre 3 ore e mezza per un totale di 10 ore di spostamenti invece delle 4 ore previste, ma questa è l’India, è inutile fare dei programmi bisogna solo vivere la giornata. In tutto questo mi è tornato un entusiasmo sfrenato verso questa esperienza dopo un po’ di smarrimento nel Goa, una regione cattolica a parte dell’India molto più simile alla nostra cultura per via della ancora fresca eredità coloniale portoghese che non mi sembrava di riconoscere più la nazione che sto conoscendo. Felice di condividere una parte della mia esperienza con Mario incontrato per caso a Goa, un altro incontro positivo sul mio cammino. Storie di vita che si intrecciano mai per caso.

Gokarna, piccola località situata sulla costa della regione del Karnataka, è uno dei luoghi più sacri dell’India del sud dal quale si estende una serie di spiagge stupende. Molti pellegrini induisti di ogni età tra bambini e anziani vengono a venerare le loro divinità, tra cui Shiva e Ganesh, nei templi antichi assistendo spesso ad animati rituali religiosi. Vietato il consumo di alcol e solo cucina vegetariana nei pochi ristoranti turistici. Frequentata da stranieri che praticano yoga o meditazione, che semplicemente si dedicano alla spiritualità.

Riprendo il mio percorso spirituale riflettendo sulla mia vita in una cultura che basa le sue fondamenta sulla cura dell’animo umano, sul distacco dai valori materiali e che ti insegna a focalizzare i tuoi pensieri sulla positività e su ciò che si ha al contrario della nostra società basata sul materialismo, il consumismo e l’inesorabile desiderio. All’esame di maturità liceale ho trattato la teoria del piacere di Leopardi che sostiene che l’uomo tende ad un piacere infinito che non potrà mai essere colmato quindi è destinato a vivere con un sentimento di insoddisfazione perenne a meno che attraverso la saggezza riesca a spegnere questo desiderio, che non gli darà mai pace, concentrandosi esclusivamente su se stesso e su ciò che ha. Viaggiare è un ottima soluzione per intraprendere questo percorso perché quando si è a casa si pensa a quello che ci manca ma quando si viaggia si pensa al vero valore di quello che si ha a casa (relazioni affettive). La nostra società ha perso di vista i veri valori semplici e terreni della vita, ma soprattutto trascura ciò che dovrebbe essere l’obiettivo comune di tutte le società del mondo: la salute psico-fisica dell’essere umano. Solo raggiunta questa salute potremmo essere d’aiuto a noi stessi e a chi ci sta vicino trasmettendogli positività e benessere.

Viaggiare apre la mente verso nuovi orizzonti e ti fa scoprire quali sono i reali problemi della vita, ti rendi conto che spesso noi occidentali, spinti anche dalla maggior parte dei media che trattano principalmente temi negativi di cronaca nera e crisi sbattendoceli in faccia sui giornali quotidianamente, sprechiamo tempo ed energia della nostra vita a preoccuparci inutilmente di situazioni negative, che fanno parte della vita, che non possiamo cambiare. La maggior parte della mia generazione è allo sbando talmente terrorizzata dal proprio futuro che non vive il suo presente. Noi giovani abbiamo bisogno di certezze non di terrorismo psicologico. Le uniche certezze in questo momento le possiamo trovare dentro di noi. Dovremmo focalizzarci più su gli aspetti positivi della vita preoccupandoci solo di ciò che realmente possiamo cambiare nel nostro piccolo giorno dopo giorno, solo così potremmo sperare davvero in un mondo migliore.



On the road again, exploring this wonderful planet. This morning at dawn I reached the station of Mapusa heading for Gokarna together with Mario, a friendly, easy-going Italian traveller in his thirties and away from home for five years. He had lived in Canada, the USA, Australia and New Zealand working as a waiter, builder, cleaner and fruit picker. The first train was two hours late and the one we had to change to three and a half, so the journey took ten hours overall instead of the four expected, but this is India and there is no point in planning ahead, you have to take one day at a time. My enthusiasm was high once again, after having felt a bit uneasy and lost in Goa, a Catholic region which, due to the recent Portuguese colonial influence, is much more similiar to Italian culture than the rest of the country. I was happy to be sharing part of my experience with Mario who I met by chance in Goa, another positive encounter on my way. Life stories that never happen by accident.

Gokarna, a small town on the coast of Karnataka, is one of the most sacred places in southern India (and also, with its stupendous beaches, a popular tourist area). Many Hindu pilgrims of all ages come here to worship their deities, such as Shiva and Ganesh, in the ancient temples, often attending animated religious rituals. There is no alcohol and the few tourist restaurants offer only vegetarian food. Gokarna is visited by foreigners who practice yoga or meditation, simply dedicating themselves to spirituality.

I resumed my spiritual journey, reflecting on my life in this culture, which is founded on care for the human spirit and detachment from material things and teaches you to focus on being positive and what you already have, unlike our(Western) society based on materialism, consumerism and relentless desire. At my high school final examinations, I chose as a topic Leopardi’s theory of pleasure. This says that man strives for infinite pleasure and, since this cannot be satisfied, is destined to live with a constant feeling of dissatisfaction unless he manages, through wisdom, to extinguish desire by focusing only on himself and what he has. Travelling is a good way to start out in this direction, because when at home people think about what is missing but when away they realise the real value of what they have back home (affective relationships). Our society has lost its true simple down-to-earth values but has, above all, lost what should be the common goal for all societies in the world: mankind’s psycho-physical health. Only when this is achieved will we be able to help ourselves and those around us, giving out positivity and wellbeing.

Travelling opens the mind to new horizons and lets you discover the real problems in life; you realise that in the West we often waste time and energy pointlessly worrying about negative situations, which are part of life and cannot be changed. This worrying is also due to most of the media, which give us a daily dose of crime and crises. Most people of my generation are disoriented and so worried about their future that they don’t live the present. Young people need certainties, not psychological terrorism. The only certainties right now are to be found within ourselves. We should focus more on the positive aspects of life and worry only about what we really can change, day after day. Only in this way can we hope for a better world.