Mi sveglio all’improvviso per dei bruschi movimenti del
pullman, stiamo salendo sul ponte di un traghetto che ci permetterà di
attraversare il Mekong in direzione Vietnam. Osservo fuori dalla finestra, con
gli occhi assonnati, una signora dal volto coperto perché sopra la testa porta
un largo vassoio di scarafaggi cucinati e pronti per essere mangiati. Ci
impieghiamo pochi minuti e siamo già sull’altra sponda a riprendere la corsa.
Mi riaddormento.
Un cambogiano mi tocca la spalla, riapro gli occhi e mi
accorgo che sta cercando di dirmi che siamo al confine e che devo scendere.
Ricevo il timbro d’uscita velocemente e mi dirigo dentro un grande edificio con
i bagagli per il timbro d’entrata – tra tutte le dogane del sud-est asiatico
quella vietnamita è sicuramente la meglio organizzata e l’unica che controlla i
bagagli. Per entrare in Vietnam ci si deve procurare la visa direttamente alla
sua ambasciata nella capitale cambogiana, Phnom Penh, quindi giusto il tempo
per ricevere l’ottavo timbro sul, sempre più caro, passaporto ed eccomi in una
nuova e gloriosa nazione. Si perché mi ritrovo nel primo paese che può vantarsi di aver sconfitto l’avidità
di potere politico-militare americana e che inoltre ha liberato la Cambogia
dalla terribile oppressione dei Khmer Rouge – onore al Vietnam !
Nei prossimi giorni
dovrò muovermi più velocemente di quanto fatto fino ad ora per via della sfida
più importante e complessa del giro del mondo senza aerei: l’attraversamento
dell’oceano pacifico. Sono in contatto
con una compagnia di mercantili per un viaggio dalla Korea del Sud alla
Colombia. In teoria dovevo partire a Luglio ma in pratica mi hanno detto che
per ora la mia unica opportunità è il 2 Giugno. Dopo la delusione della prima
esperienza negativa in Sri Lanka, terminata con l’annullamento del biglietto
dopo tre variazioni di date obbligandomi ad andare nei porti a fare il
barcastop, ho deciso di riprovarci questa volta con un ‘altra compagnia. Ho 40
giorni di tempo per attraversare Vietnam e Cina in pullman per raggiungere
la Korea del sud in traghetto. In tutto
altri 6.000 km di strada, di mare ma soprattutto di vita.
Saluto la Cambogia, l’ennesima sorpresa asiatica. Un paese
che mi ha regalato emozioni fortemente contrastanti dallo stupore per le
meraviglie di Angkor Wat, soprattutto Ta Prohm, alla toccante giornata di
domenica in cui ho conosciuto a fondo la terribile storia dei Khmer Rouge nei
campi di sterminio. Un paese che sta avendo un rapido sviluppo ma nonostante
ciò c’è ancora troppa povertà per le strade e troppa corruzione nei suoi
uffici. In ogni caso felice di aver potuto notare un popolo che sta cercando di
reagire alla profonde ferite del passato, un in bocca al lupo speciale ai
cambogiani.
200 giorni di viaggio in Asia e questo è il mio pensiero:
Amo il sud-est asiatico. Amo la quiete, l’ospitalità, la
semplicità e il sorriso della maggior parte della sua gente. Amo il modo in cui
la sua gente affronta la vita senza sprecare tempo a piangersi addosso o
lamentarsi. Amo la libertà che si respira ancora nelle sue strade. Amo gli
stimoli e le idee che mi regala ogni giorno. Paesi che, invece di reprimerla,
stimolano la creatività della propria gente permettendogli spesso di agire
liberamente senza dover richiedere inutili e noiosissimi permessi da una
burocrazia statale inefficiente. L’obiettivo comune rimane il benessere e la
serenità dell’essere umano seguendo il motto “nessun problema”, non l’esigenza
di lavorare duramente tutta la vita in una società superficiale e complessa per
perdere la salute psico-fisica. Credo di aver finalmente trovato il mio angolo
di mondo in cui costruire un esistenza felice.
The bus jolted me awake: we were driving onto the ferry to cross the Mekong to Vietnam. Outside the window, my sleepy eyes made out a woman whose face was covered by a tray she was carrying on her head: beetles cooked and ready to be eaten. A few minutes later we were on the other riverbank and I fell asleep again.
A Cambodian touched my shoulder, I opened my eyes and realised he was trying to tell me that we had reached the border and I had to get off. I quickly got my exit stamp and headed with my luggage into a large building to get my entry stamp – of all the borders in south-east Asia, Vietnam is surely the most organised and the only one that checks luggage. The entry visa for Vietnam has to be obtained previously at the Vietnamese embassy in the Cambodian capital, Phnom Penh, so now I only had to have an eighth stamp on my increasingly expensive passport and here I was in a glorious new country. I say this because Vietnam was the first country to defeat the lust of American political and military power, and also to liberate Cambodia from the terrible oppresion of the Khmer Rouge - this brings honour to Vietnam.
In the next few days I would have to move faster than before because crossing the Pacific Ocean would be the most important and complex part of the challenge of travelling around the world without planes. I had a contact in a merchantship company for a connection between South Korea and Colombia, and while my plan had been to leave in July they told me that for the time being my only possible chance would be June 2nd. After the disappointment of my first negative experience in Sri Lanka, where the trip was rescheduled three times before my tickets were cancelled and I had been forced to go to the ports to hitch a rid on a boat, this time I decided to try again with another company. I had forty days to cross Vietnam and China by bus and reach South Korea by ferryboat. Overall, 6000 km of road, sea and especially life.
I bid farewell to Cambodia, the umpteenth Asian surprise. A country that gave me strongly contrasting emotions ranging from awe at the marvels of Angkor Wat, especially Ta Prohm, to being moved one Sunday when I learned more about the terrible story of the Khmer Rouge in the death camps. Cambodia is developing quickly but there is still too much poverty on the streets and too much corruption in its bureaucracy. Still, I’m happy I had the chance to see a population trying to react to the deep wounds of the past and I wish them good luck.
200 days of travelling in Asia and this is my thought:
I love south-east Asia. I love the tranquillity, hospitality, simplicity and the smiles of most of its people; the way they live life without wasting time feeling sorry for themselves or moaning; the freedom you can still breathe in the streets; the stimulation and ideas it gives me every day. These are countries that stimulate the creativity of its people instead of holding it back, allowing them to act freely without the need for useless permits from an inefficient state bureaucracy. The common goal remains the well-being and serenity of mankind, following the motto “no problem”, not the need to work hard for a lifetime in a superficial and complex society leading to a loss of psycho-physical health. I believe I have finally found the part of the world where I could lead a happy life.