Un’ altra straordinaria avventura di montagna
in questo meraviglioso mondo, stavolta tocca allo scenario delle estreme terre
australi della Patagonia cilena, parco nazionale Torres del Paine. L’inizio è
stato disastroso, non potevo ricevere accoglienza peggiore dalle condizioni
atmosferiche. Ieri ha piovuto a dirotto tutto il giorno e il vento gelido soffiava prepotente fino a fondo
vallata. Scendo dal mezzo senza parole e sinceramente senza neanche una
particolare organizzazione. So solo che voglio vedere le impetuose montagne
della regione a forma di torre. Così, dopo essermi impossessato di una mappa,
ho intrapreso la mia camminata solitaria nella scura valle tra nuvoloni grigi,
una fitta pioggia e la parte visibile delle montagne innevate come sfondo. Devo
subito rimediare ai jeans che indosso con dei leggeri pantaloni sintetici
impermeabili. Nei pressi della partenza noto un hotel abbastanza lussuoso,
entro e domando se posso cambiarmi velocemente i pantaloni perché sono già
bagnato fradicio. Alla reception mi rispondo che i servizi sono solo per chi
alloggia nel hotel e di cercare un camping situato a qualche chilometro da li.
Davanti ad una risposta del genere, mi volto ed esco fermandomi davanti
all’entrata principale poi mi spoglio davanti agli occhi attoniti dei clienti -
pallido, barbuto e magro non devo essere stato uno spettacolo. Riprendo il
cammino con dei vestiti più adeguati ma con un peso consistente dovuto alla
tenda, il sacco a pelo, un materassino, dei vestiti pesanti e cibo per due giorni. La prima parte
attraversa un torrente a fondo valle e risale dalla base di una montagna (video1). In
due ore affronto un dislivello di quattrocento metri circa travolto da pioggia
e vento che mettono a dura prova la mia determinazione. Fortunatamente trovo un
accogliente rifugio che è l’accampamento cileno. Per via delle avverse
condizioni atmosferiche decido che per oggi è meglio fermarsi così monto
velocemente la tenda sotto alcuni alberi notando di essere l’unico che ha
optato per questo tipo di sistemazione e torno ad asciugare i vestiti davanti
alla stufa del rifugio in cui conosco altri simpatici e malcapitati escursionisti di varie
nazionalità che alloggiano nelle camerate in attesa che il tempo cambi.
Decido di andare a dormire sul presto per
alzarmi nella notte e provare in ogni caso a raggiungere le torri del Paine.
Quando arrivo alla gelida tenda, che ho affittato all’ostello di Puerto
Natales, ricevo una brutta sorpresa, il fondo è completamente bagnato e
l’umidità è insopportabile con temperature sotto gli zero gradi. Ma in fondo
amo le esperienze estreme e spesso le cerco proprio perché mi temperano l’anima
e mi aiutano ad apprezzare di più le comodità quotidiane di cui godo.
Fortunatamente il lettino mi crea una protezione dal fondo e ci distengo sopra
il mio sacco a pelo termico, adatto a temperature fino a gli zero gradi.
Entusiasta di essere immerso nella forza della natura selvaggia, ma impegnato a
non patire il freddo, mi addormento ascoltando il rumore del torrente nelle
vicinanze e della pioggia cadente sulla tenda. Varie volte mi sveglio per via
dell’umidità che ha ricoperto la superficie del sacco congelandolo al solo
tatto. I ricordi mi riportano indietro di quasi sette anni quando vivevo in
Pakistan e per due mesi ho dormito in una tenda singola nelle complesse
condizioni atmosferiche dell’inverno della montuosa regione del Kashmir. Con
pioggia o neve mi rifugiavo dentro un resistente sacco a pelo per temperature
sotto i
meno venti gradi.
Alle quattro del mattino il freddo ha
raggiunto livelli estremi e comunque è l’ora ideale per provare a raggiungere
le montagne interessate. Non sento più la pioggia, esco e trovo l’ennesima
sorpresa, una fitta nevica ha imbiancato la mia tenda e tutta la valle attorno.
Mi rendo subito conto che sia pericoloso avventurarmi solo nell’oscuro della
notte con il sentiero ricoperto da neve fresca e non visibile. Ma anche
stavolta decido di andare, sento quell’energia che mia attrae verso questo
incantevole e selvaggio bosco innevato. Non trovo l’inizio del sentiero così
ricordando una mappa dall’altra parte del torrente decido di attraversarlo su
un lungo e scivoloso ponte di legno che in un tratto non ha barriere. Lo
percorro lentamente e attento a non cadere, attorno a me è tutto estremamente
buio così mi aiuto con la torcia ben fissata sulla testa. Trovo la mappa che mi
indica verso la direzione opposta così attraverso nuovamente il ponte e inizio
a camminare cercando dei paletti fissati sul sentiero. Dopo poco ecco che il
karma si ricorda di me ed incontro una coppia di ragazzi austriaci che hanno
avuto la mia stessa idea così mi aggrego a loro. Si attraversano boschi
primitivi e selvaggi con vari tronchi spezzati a terra che aiutano a immaginare
la Terra come era una volta. I ruscelli si susseguono in vari punti, così altri
scivolosi ponticelli di legno da attraversare e la difficoltà di trovare il
sentiero per la neve fresca rallentano la nostra escursione, ma lo scenario
completamente innevato è straordinario. Con le prime luci dell’alba ci rendiamo
conto di essere in un paradiso e la fitta nevicata passa in secondo piano anzi
diventa particolarmente piacevole perché è proprio lei che ha creato questa
favola. Gli alberi, la valle e le montagne attorno sono incantevoli, raramente
ho visto qualcosa del genere e sono al settimo cielo. Più si sale e più è alta
le neve fresca che mi trovo a camminare con le mie comode e fedeli scarpe da
ginnastica in goretex con la neve fino alle ginocchia scivolando sulle rocce umide. Poi ecco la formidabile
ciliegina sulla torta a premiare la tenacia che ci ha accompagnati in questa
esperienza, la luce del sole che cerca di dissolvere le nubi per illuminare il
nostro cammino. Con tutto quello che ho passato ieri ed essermi svegliato con
una fitta nevicata non credo ai miei occhi, mi commuovo perché sto vivendo
un’altra meravigliosa emozione in 380 giorni da mozzafiato. Le montagne
rimangono coperte dai nuvoloni ma proseguiamo la salita con qualche dolorosa
caduta sulle ginocchia e le neve sempre più alta. Infine eccoci arrivati davanti
al lago e le torri del Paine, il sole cerca di placare la bufera (video2) e dopo una
mezzoretta di attesa e speranza ci riesce regalandoci la vista delle vette.
Urliamo dalla gioia, l’entusiasmo è davvero immenso.
Al ritorno mi attende una lunga camminata di
sei ore con continue variazioni delle condizioni atmosferiche ma con dei
panorami stupendi, volando sulle ali dell’euforia ascolto Eddie Vedder e a
tratti mi fermo per respirare a fondo quella sana aria della Patagonia cilena.
A fondo valle, dove la vegetazione ritrova il suo verde naturale, incontro vari
esemplari di volatili della regione oltre ad un gruppo di lama liberi nel
parco. Osservo un incantevole lago color celeste pallido e lo sfondo sempre
bianco dei monti. Dopo tutto quello che ho visto in questo anno trovo la stessa
grande capacità di emozionarmi davanti alla bellezza semplice della natura e
degli animali come se fosse la prima volta, felice perche’ non esiste nulla di
peggio di un essere umano che non è in grado di provare emozioni vitali.
Another
extraordinary mountain adventure in this wonderful world, this time in Torres
del Paine national park in the extreme south of Chilean Patagonia. The start
was disastrous: the weather couldn’t have been worse, it was bucketing down all
day and a freezing wind blew hard all the way down the valley. When I got out
of the vehicle, I was speechless and, to tell the truth, not particularly
organised either – all I knew was that my aim was to see the lofty tower-shaped
mountains of the region. So, new map in hand, I set off alone in the dark
valley among grey clouds and sheeting rain, against a backdrop of the visible
parts of the snow-covered mountains. But the first thing to do was to change my
jeans and put on some light synthetic waterproof trousers. Near where I was
setting off from stood a fairly luxurious hotel. I went in and asked the
receptionist if I could quickly change my trousers as they were soaked through.
‘The services are for guests only’ was the reply, with the added information
that I should try a campsite some kilometres further down the road. After an
answer like that, I simply turned and went out of the main entrance, where I
stopped and stripped off in full view of the shocked clients. Pale, thin and
bearded, I can’t have been a pleasant sight. I set off walking again in more
suitable clothes but also with a heavy burden: a tent, sleeping bag, mattress,
warm clothing and food for two days. The first part crossed a torrent at the
bottom of the valley (video1), then in two hours I went up around 400 metres , with the
wind and rain severely testing my determination. Luckily I came across the
welcome refuge, the Chilean camp. The weather was so bad that I decided enough
was enough for one day and quickly pitched my tent under some trees, noting
that no one else had chosen to be ‘under canvas’. Then off to the refuge to dry
out my clothes by the stove, together with other unlucky but friendly
excursionists of all nationalities who were staying in the dormitories and
waiting for the weather to change for the better.
I
decided to turn in early and then get up in the night and try to reach the Towers
of Paine, but when I got to my tent, rented from the hostel in Puerto Natales,
I had a nasty surprise: the groundsheet was sodden and the air unbearably damp
in the sub-zero temperatures. But then, basically, I like extreme experiences
and, indeed, often go looking for them – they temper my spirit and make me better
appreciate the daily comforts I enjoy. Luckily, the mattress gives some
protection from the ground and I lie on it in my thermal sleeping bag, which is
made for temperatures down to zero. Feeling enthusiastic about being surrounded
by nature in the wild and trying hard not to feel the cold, I fall asleep to
the sound of the rushing of the nearby torrent and the rain falling on the
tent. More than once I was woken by the damp covering the sleeping bag,
freezing it, and my memories took me back almost seven years to when I lived in
Pakistan and for two months in winter slept in a one-man tent in the mountains
of the Kashmir region. When it rained or snowed I snuggled up in my well-made
sleeping bag at temperatures lower than minus twenty.
At four
in the morning it was extremely cold but the ideal time to set off to reach
those mountains. I could no longer hear any rain, but on leaving the tent I saw
why: thick snow lay over the tent and the surrounding valley. It was
immediately clear that venturing out on my own in the dark on a snow-covered
invisible trail would be dangerous, but I decided to go anyway, a feeling of
energy taking me towards the charming wild woods dressed in white. I could not
find the beginning of the trail, then remembered there was a map on the other
side of the torrent and decided to cross
it. This meant taking the wooden bridge, which was long and slippery,
and without any rails at a certain part. Going slowly and careful not to fall,
using a torch fixed to my head to make my way in the pitch dark, I crossed and
found the map, pointing in the direction I had just come from. So I had to
cross back and started walking, looking for the trail markers. Not long after,
Karma remembered me and I met and joined up with a couple of young Austrians
who had had the same idea as me. The trail took us through wild, primitive
woods where broken tree stumps sticking out of the ground made us think of how
the Earth may once have looked. There were a series of torrents to cross over
slippery wooden bridges, whilst the fresh snow slowed down our progress and
made it difficult to keep on trail, but the snow-covered scenery was
extraordinary. In the light of dawn we realised we were in a paradise and the
heavy snow changed from being a problem to a pleasure – after all, it was the
snow that had created this wonder. The trees, valley and mountains around us
were enchanting; I had rarely seen the like before and was in high spirits. The
higher we went, the deeper the snow: my faithful, comfortable Goretex shoes
disappeared as I went up to my knees in snow, slipping on wet rocks. Then came
what made it all worthwhile: sunlight breaking through the mists to light our
way. After all the problems yesterday and after waking up to a heavy snowfall,
I could now hardly believe my eyes, I felt yet another wonderful feeling after
380 breathtaking days. The mountains were covered in clouds, but we carried on,
sometimes falling painfully on our knees in the ever-deeper snow. At last we
came to the lake and the Towers of Paine, with the sun trying to dispel the bad
weather (video2) and, after half an hour, succeeding, regaling us with a view of the
peaks. We shouted with joy, our enthusiasm was so great.
The way
back was a six-hour walk in continuously changing weather, but the views were
stupendous and on the wings of euphoria I listened to Eddie Vedder, and at
times stopped to fill my lungs with the clean air of Chilean Patagonia. Down in
the valley where the vegetation became a natural green again, we saw various
local birds, a herd of llamas in the park, a beautiful pale blue lake and the
ever-white mountains in the background. After all I have seen in the past year,
the simple beauty of nature and animals can still touch me deeply as if it were
the first time and I am happy, because there is nothing worse than someone who
cannot experience such vital feelings.
video 1:
video 2 :