Salgo sul pullman, sono l’unico straniero tra cinesi e
vietnamiti, fatico a trovare un posto ma fortunatamente noto un ragazzo cinese
sorridente che mi invita a sedermi accanto a lui. Sono diretto alla frontiera
cinese e da li proseguirò per la prima città che incontrerò. Durante il viaggio
cerco di conoscere il mio vicino che parla poco inglese ma da quello che ho
capito è un viaggiatore avventuroso che per via delle sue poche possibilità
economiche di solito viaggia in autostop e dorme in tenda. Anche lui sostiene
che è dura viaggiare in Vietnam perché i vietnamiti sono troppo assettati di
soldi e difficilmente ti danno un passaggio gratuitamente. Mi dice che in Cina
invece è facile viaggiare infatti alla frontiera si fermerà a bordo strada con
il pollice alzato. Mi mostra le foto del giro del bellissimo paesaggio montano
del Sichuan che ha fatto in bicicletta. Intanto il pullman parte e
l’assistente dell’autista ci consegna una lattina di fagioli conservati in uno
sciroppo.
3 ore di viaggio e mi fanno scendere dal pullman e prendere
i bagagli per raggiungere l’ufficio di immigrazione vietnamita e timbrare l’uscita.
Dopo di che, con dei pulmini, mi trasportano all’ufficio cinese situato in un
grande edificio appariscente. Nessuno parla inglese ma inseguo i miei compagni
di pullman per non perdermi. Il resto è una prassi che già conosco. La
funzionaria cinese fa controllare la mia foto ad un collega perché non mi
riconosce per la barba selvaggia e capelli arruffati. Arriva il momento del
soave suono del timbro ed è fatta! Nono paese, nona avventura. Sono emozionato.
Che sorpresa ritrovarsi su un autostrada dopo diversi mesi
senza, la Cina da subito l’impressione di un paese decisamente sviluppato
confronto al resto del sud-est asiatico. Dopo alcune ore eccomi a Nanning, la
capitale della regione del Guangxi. Nulla di interessante, una grande città di
passaggio dal Vietnam ma almeno quando scendo dal mezzo nessuno è interessato a
chiedermi dove vado, come mi chiamo e se voglio comprare qualcosa. Sono
arrivato al punto che sono felice di lasciare il Vietnam, paese stupendo ma i
vietnamiti che lavorano nel turismo sono esageratamente pressanti come in un
nessun altro paese asiatico. Chiaro che ovunque c’è gente che vuole fare
business ma in Vietnam ci si ritrova spesso in situazioni scomode o fastidiose.
Se siete alla ricerca di una vacanza rilassante evitate questo paese.
Ormai si è fatta sera e sono affamatissimo, esco per le
strade di Nanning all’avventura. Impossibile trovare un ristorante con menù o
indicazioni in inglese allora entro in uno che ha delle figure illuminate
vicino alla porta. Il personale naturalmente non parla inglese cosi ordino
indicando un piatto che sembra a base di spinaci. Qua si complica ancora di più
la già complessa situazione asiatica riguardo al fatto che mangio vegetariano.
Mi è andata bene, mi arrivano spinaci e riso per circa due euro assieme ad una
birra. Finito di mangiare passeggio osservando le vie della città. Arrivo
davanti alla stazione del treno e decido di fare già il biglietto per domani
diretto a Giulin. Trovo uno sportello informazioni e il ragazzo incaricato
appena mi vede arrivare esclama “oh shit” talmente forte che lo sento in
lontananza. Riusciamo a capirci, cosi mi dirigo alla biglietteria. Tutto lo
schermo è nella scrittura cinese , per me indecifrabile. Sono l’unico straniero
in mezzo a migliaia di cinesi e sono entusiasta per questa cosa. Mi sento un
bambino alla prima volta in una stazione del treno, osservo tutto che appare
nuovo. Diverse persone mi guardano divertite ed io lo sono ancora più di loro
perché mi rendo conto che trasmetto allegria. Come tutte le volte, cambia il
linguaggio, la scrittura, i vestiti, i
lineamenti del viso o il colore della pelle ma c’è una cosa che non cambia mai
: l’umanità delle persone. Siamo tutti esseri umani, se imparassimo ad andare
oltre alle superficialità sopra citate ci renderemo conto che siamo tutti
uguali.
I got on the bus as the only foreigner among Chinese and Vietnamese and struggled to find a seat until, luckily, a smiling Chinese guy invited me to sit next to him. I was heading for the Chinese border and then to the first town I came across. During the journey I tried to get acquainted with my neighbour but he spoke very little English although from what I understood, having little money he was an adventurous traveller, usually hitchhiking and sleeping in a tent. Even he said that it’s hard to travel in Vietnam, because the Vietnamese are so hungry for money that they are unlikely to give you a lift for free, and he then added that in China travelling this way is easier - indeed, once at the border he would wait at the roadside with holding out his thumb. He showed me his photos of the beautiful mountainous landscape of Sichuan, taken while on a bicycle trip. Meanwhile the bus left the station and the driver’s assistant gave us a can of beans preserved in syrup.
After three hours I was made to get off the bus, pick up my luggage and head to the Vietnamese immigration office to get my exit stamp. Then I was taken by minibus to the Chinese office located inside a flashy big building. Nobody spoke English so I followed my bus mates so as not to get lost. What followed were bureaucratic steps I’m now used to. The Chinese employee asked a colleague to check my photo because she couldn’t recognise me with my unkempt beard and ruffled hair. The sweet sound of my passport being stamped finally came: ninth country, ninth adventure. I’m excited.
What a surprise it was to be on a motorway, after months in countries without any. China immediately gave the impression of being decidedly more developed than the rest of South-East Asia. A few hours later I was in Nanning, the capital of Guangxi region. There was nothing interesting – it is just a big city on the way from Vietnam but at least there were no touts waiting for me at the bus stops. I had reached the point where I was happy to leave Vietnam, an amazing country but the level of hassle for tourists from the locals working in tourism was higher than in other Asian countries, so if you’re looking for a relaxing holiday, avoid this country.
By now it was night and I was famished, so I went out into the streets of Nanning. It was impossible to find a restaurant with a menu in English so I entered one with lit-up figures at the entrance. The staff didn’t speak any English so I ordered a dish that looked like it was based on spinach by pointing at it. This was a complex situation because I eat vegetarian meals, but I was lucky and was served a dish with spinach and rice plus a beer for about €2. After dinner I walked the city streets until I reached the train station and decided to get the ticket for Giulin for the next day. I found an information booth and the guy there went “Oh shit!” as soon as he saw me, so loud that I heard him from a distance. We managed to understand each other so I then headed to the ticket office where everything was written in Chinese, which I don’t understand. I was the only foreigner among thousands of Chinese and this thrilled me. I felt like a child in a train station for the first time, looking at everything, and everything seeming new. Several people looked at me in an amused way and I was even more amused because I realised I was putting them in a good mood. As always, language, writing, clothes, face features and skin colour change, but humanity in people does not. We are all human beings and if we learnt to go deeper than these superficial aspects, we would realise that we really are all equal.
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